La reverse charge, nota anche come inversione contabile, è un meccanismo specifico di applicazione dell’IVA in conseguenza del quale chi risulta destinatario di una prestazione di servizi o di una fornitura di beni è tenuto ad assolvere l’imposta al posto del prestatore o del fornitore nel caso in cui sia un soggetto passivo nel territorio dello Stato Italiano.
Con l’applicazione del reverse charge, il prestatore o fornitore emette la fattura ma non addebita l’imposta come segnalato dall’art. 17 comma 6 del Dpr. 633 del 1972.
Indice
Reverse charge: cosa bisogna fare
In regime di reverse charge, il destinatario della prestazione del servizio o della cessione di beni è tenuto a integrare la fattura che riceve con la segnalazione dell’aliquota specifica per l’operazione in questione e per l’imposta relativa.
Proprio per questo motivo si parla spesso di autofattura.
Non solo: il cliente ha l’obbligo di registrare il documento sia nel registro degli acquisti che nel registro delle fatture emesse, in modo tale che l’effetto dell’imposta sia reso neutrale.
A cosa serve la reverse charge
La legge reverse charge è stata introdotta per favorire l’Erario.
In virtù di questo meccanismo, il prestatore o cedente riceve unicamente l’importo imponibile della prestazione che è stata eseguita o del bene che è stato ceduto, il che vuol dire che non spetta ad esso l’obbligo del versamento dell’imposta sul valore aggiunto.
La reverse charge, quando si applica, permette di semplificare i rapporti lavorativi e commerciali (per esempio, tra un subappaltatore e un appaltatore nel settore edile, che è l’ambito più interessato al meccanismo dell’IVA reverse charge).
Reverse charge: quando si applica
Come detto, l’esenzione IVA reverse riguarda in primo luogo il campo edilizio.
In particolare, vale per la manutenzione straordinaria, per i parcheggi interrati, per l’installazione di impianti relativi a edifici da soggetto terzo al committente, per la posa in opera senza fornitura di beni e per l’installazione di impianti relativi a edifici da soggetto terzo al fornitore dei beni.
Non è valida, invece, per la fornitura con posa in opera, per la demolizione con la realizzazione di una nuova costruzione in un unico contratto di appalto e per il frazionamento e l’accorpamento di un’unità immobiliare con l’installazione di impianti.
La reverse charge non può essere presa in considerazione neppure per l’installazione di impianti fotovoltaici integrati a edifici, nel caso in cui siano accatastati autonomamente, o per la deratizzazione, la rimozione della neve e lo spurgo.
Al contrario, vi si può ricorrere per la manutenzione e la riparazione degli impianti, per la videosorveglianza perimetrale con telecamere esterne, per gli impianti idraulici di edifici con tubazioni esterne, per gli impianti di climatizzazione e per l’installazione di impianti funzionali agli edifici.
In tal senso, la reverse charge autofattura si può applicare anche per le cessioni di porzioni di fabbricato o di fabbricati per cui il cedente abbia manifestato in maniera esplicita, nell’atto relativo, l’opzione per l’imposizione; sono escluse, invece, le prestazioni di servizi che vengono rese a un contraente generale a cui siano affidati tutti i lavori dal committente.
Tuttavia, non c’è solo l’IVA reverse charge edilizia.
I comma 5 e 6 dell’articolo 17 del dpr 633 individuano altri ambiti di applicazione nelle cessioni di prodotti semilavorati, nelle cessioni di materiale in oro e nelle cessioni imponibili di oro da investimento.
Reverse charge: la normativa
La normativa reverse charge prevede che il meccanismo possa essere applicato anche per le cessioni di apparecchi terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni, di personal computer, di prodotti lapidei e di materiali che provengano direttamente dalle miniere o dalle cave.
Per conoscere ulteriori dettagli su cos’è il reverse charge, i riferimenti normativi da prendere in considerazione sono la Legge Finanziaria 296/2006 e la circolare numero 37/E dell’Agenzia delle Entrate del 22 dicembre del 2015, in cui sono riportate le FAQ provenienti dalle associazioni professionali a proposito del meccanismo.
Reverse charge: esempio pratico
Occuparsi di una fattura con reverse charge può essere un’operazione ardua; quindi, per capire più facilmente come funziona l’imposta, è meglio utilizzare un esempio pratico.
Si immagini un’operazione tra due soggetti per cui il soggetto passivo dell’imposta è il compratore, dal momento che soddisfa ai fini IVA il presupposto territoriale, quello oggettivo e quello soggettivo.
Si procede all’emissione della fattura per il valore stabilito segnalando il codice di esenzione IVA ai sensi dei comma 5 e 6 dell’articolo 17 del DPR 633 del 1972.
A questo punto, viene emessa dal venditore una fattura che non prevede il caricamento dell’IVA; per questo motivo, si registra in contabilità il credito verso l’azienda in partita doppia.
Il compratore riceve la fattura per il valore stabilito, ma deve ricordarsi di registrarla aggiungendo l’IVA.
Sono due, pertanto, le operazioni che devono essere registrate dall’acquirente in contabilità: oltre all’acquisto, anche l’autofattura.
L’operazione viene neutralizzata nel momento che il compratore evidenzia l’IVA sia in dare che in avere.
Il venditore, invece, non addebitato l’IVA, la quale sarà aggiunta alla fattura che il compratore emetterà al consumatore finale, che così diventerà il vero soggetto passivo di tutta questa (complicata) operazione.