Spesso succede che un capo realizzato da grandi firme si ritrovi in negozi low cost a prezzi molto bassi, a dir poco “stracciati”.
Come fanno le grandi catene di abbigliamento low cost ad avere gli stessi outifit delle grandi firme ma a prezzi così bassi, nella fattispecie, nei punti vendita Zara, H&M e Primark?
Due analisti del mercato, Stefania Saviolo (responsabile del knowledge center fashion di SDA Bocconi) e Mauro Rossetti (direttore dell’Associazione tessile e salute) si sono posti la fatidica domanda: “Perché? Come fanno a presentare gli stessi capi a prezzi bassi?”.
Ecco le diverse motivazioni su cui hanno puntato i due analisti.
Indice
Il primo mito: qualità o quantità?
Si crede che spesso le linee di abbigliamento low cost puntino su tessuti più scadenti di qualità rispetto alle griffes, ma in realtà non sempre è così: il più delle volte si punta sulla quantità di merce da vendere.
Infatti, come riportano Saviolo e Rossetti, per Zara, H&M e Primark avere l’esclusiva di un capo non è una priorità: bisogna vendere quanti più prodotti possibili e quindi è bene puntare sulla qualità del tessuto.
Il cosiddetto rapporto qualità-prezzo deve essere positivo e ciò che conta è produrre tanto per tenere prezzi bassi.
Il secondo mito: quanto business?
Altro mito sfatato dai due analisti è legato al modello di business scelto. Mentre i grandi marchi puntano su colossali pubblicità, le catene low cost optano per pubblicità a basso costo: testimonial poco famosi e design quasi inesistente. In questo modo si abbassa la cifra destinata alla pubblicità stessa, riducendo quindi i prezzi della merce in vendita.
Il terzo mito: le risorse
“Last but not the least”, il prezzo della merce è basso perché sono bassi i costi dedicati ai luoghi di produzione e al limitato numero del personale dei negozi. I costi sono convenienti perché parliamo di “catene” low cost e non di negozi griffati.
Tutte le motivazioni riportate da Saviolo e Rossetti sono accettabili e opinabili, ma il cerchio si chiude e ritorna al punto di partenza, cioè la motivazione base del perché i prezzi siano così bassi: la qualità dei prodotti.
È ipotizzabile che qualche volta la qualità degli abiti low cost sia inferiore rispetto alle griffes, ma ciò non toglie che i tessuti utilizzati vadano a discapito della salute dei clienti.
Ciò che conta è che tutti i capi venduti, che siano griffati o meno, rientrino in uno standard internazionale: il prezzo di un capo deve essere proporzionale al materiale utilizzato.
Il problema sorge quando ci si chiede: “Dove avviene la colorazione dei tessuti?”. Gli esperti ci dicono che queste catene low cost prediligono l’India e questo comporta che non sempre si rispettano le regole stabilite dall’UE (il sopracitato standard internazionale).
Per questo motivo gli analisti si sono sentiti in dovere di dare due consigli da considerare e da non sottovalutare:
- Leggere sempre il cartellino del capo d’abbigliamento in cui sono riportare le percentuali di tutte le fibre che lo compongono e i consigli di lavaggio;
- Odori sgradevoli o acri potrebbero essere il segnale di coloranti economici o a base di sostanze chimiche nocive.