Bias cognitivi nel marketing: cosa sono e come usarli

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Mai sentito parlare dei bias cognitivi nel marketing? Possiamo considerarli come degli errori di valutazione o di percezioni sbagliate, dettate magari da un pregiudizio o da un’esperienza negativa. Tutti noi, per vari motivi, siamo influenzati da quello che ci circonda o dalle nostre esperienze pregresse, arrivando quindi ad interpretazioni soggettive che spesso non corrispondono alla realtà.

Questi stessi processi si verificano anche nelle decisioni che prendiamo al momento degli acquisti, rivelandosi quindi fondamentali nelle attività di marketing.

Cosa sono i bias cognitivi?

Prima di analizzare i bias cognitivi nel marketing, cerchiamo di capire cosa sono. Come detto si tratta di un’interpretazione soggettiva della realtà, magari distorta e modificata per dare conferma di ciò in cui crediamo o di cui siamo convinti. Una distorsione che provoca alterazioni nel giudizio finale e che incide anche sulle nostre azioni successive.

Da cosa è determinato un bias cognitivo? Nella maggior parte dei casi dall’esperienza. Più forte è stata l’esperienza e maggiore sarà la sua influenza sulle nostre capacità di percezione. L’esperienza è determinata anche da credenze ed influenze culturali, dove determinati schemi di pensiero appaiono difficili da scardinare. Questo succede anche perché si ha paura del giudizio degli altri e quindi, in un certo modo, di non essere accettati dalla propria comunità o cerchia di amici. In tali contesti la realtà viene modificata.

Bias cognitivi nel marketing: quali meccanismi si attivano?

Spingere i clienti ad acquistare con il neuromarketing, cioè sfruttare determinate tecniche di psicologia, è una pratica sempre più diffusa.

Basandosi sulla psicologia cognitiva, che analizza i processi mentali relativi alla conoscenza, un buon venditore può estrapolare dati ed informazioni importanti sui suoi clienti.

Il neuromarketing è proprio la scienza che studia i comportamenti dei consumatori al momento dell’acquisto. Può spiegare che reazioni ha un cliente dopo aver visto una pubblicità, che influenza hanno su di lui determinati colori o che livello di soddisfazione offre un prodotto.

Bisogna sapere una cosa: nel momento in cui un consumatore sta facendo un acquisto, risulta estremamente vulnerabile. Supponiamo che, mentre dà uno sguardo ad una vetrina online o fisica, legga la scritta “ultimo pezzo disponibile”.

Scatta qualcosa nella mente del consumatore. Sa che può trovare quel prodotto da qualche altra parte, ma non sa se allo stesso prezzo e con gli stessi colori. Nella sua mente scatta quindi la convinzione di non poter più acquistare quel prodotto, almeno non a quelle condizioni.

Per non perdere l’occasione procede quindi all’acquisto. Il bravo venditore deve intercettare questo processo mentale, purché venda al cliente un prodotto realmente in linea con le sue necessità. Vendere per vendere è fine a se stesso e, a lungo andare, si rivela una pratica controproducente.

Le varie tipologie di bias cognitivi nel marketing

I bias cognitivi da analizzare nell’ambito del marketing sono tanti e agiscono in modo diverso. Le aziende devono però conoscerli per comportarsi di conseguenza e assecondare i comportamenti dei clienti. Analizziamo di seguito quelli più diffusi.

Ancoraggio

I più noti in assoluto sono i bias di ancoraggio. Quando un consumatore fa una ricerca, la prima è quella che resta maggiormente impressa nella sua mente.

Ipotizziamo che stia cercando un paio di scarpe e che la prima ricerca indica un prezzo di 50 euro. Ebbene quello sarà il principale parametro di ricerca, il punto di ancoraggio.

Se la seconda ricerca offre un prezzo di 40 euro, il consumatore è convinto di essere dinanzi ad una grande opportunità. Se invece la terza ricerca propone un prezzo di 65 euro, quel costo verrà ritenuto eccessivo.

Magari il consumatore non pensa che il prezzo più alto o più basso possa essere determinato da vari fattori, prendendo come riferimento sempre il prezzo iniziale di 50 euro.

In questi casi è una buona idea, quando si fanno degli sconti, inserire sia il prezzo originario barrato sia quello attuale scontato. In questo modo il consumatore può fare un confronto immediato e percepire il reale valore dello sconto.

Effetto bandwagon

L’effetto bandwagon, noto anche come effetto carrozzone, rappresenta la riprova sociale. Quando le persone vedono una gran folla fuori ad un bar si fermano, poiché evidentemente i prodotti sono di qualità e c’è un bell’ambiente.

La stessa cosa vale nel marketing. Inserendo le recensioni positive dei clienti si crea un effetto bandwagon, che attira più facilmente altre persone sul tuo sito. La riprova sociale è importantissima, tant’è che il 91% delle persone che acquista online si fa influenzare dalle opinioni dei precedenti clienti.

Il framing

Un ultimo bias cognitivo da analizzare è il framing, che significa cornice. Il nostro cervello spesso si trova a ragionare all’interno di una cornice.

Ipotizziamo che un utente debba acquistare un jeans e che dopo le sue ricerche ottiene 3 prezzi: 100 euro, 130 euro e 210 euro.

Senza il modello top da 210 euro, probabilmente la scelta ricadrebbe sul modello da 100 euro. Tuttavia la presenza del modello da 210 euro gli fa pensare che, con soli 30 euro in più, può avere un modello migliore ma ugualmente meno costoso rispetto al modello top.

Con ogni probabilità l’utente sceglierà proprio il modello da 130 euro.

Foto: Pixabay

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Francesco Ferrara
Copywriter e giornalista pubblicista, mi occupo della stesura di articoli relativi al marketing ed alla gestione dei negozi e siti online per negozianti, argomenti sui quali ho maturato una lunga esperienza sul campo con corsi, ricerche e studi specifici.

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