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Quando un brand si definisce sostenibile? I requisiti da assolvere

Quando un brand si definisce sostenibile? Ecco i requisiti che bisogna assolvere per essere considerata un'azienda realmente eco-friendly.

Tempo di lettura: 3 minuti

Quando un brand si definisce sostenibile? Per rispondere a questa domanda dobbiamo considerare gli ultimi eventi socio-politici-economici mondiali che hanno avuto un impatto diretto sul mercato della moda, da tempo nel mirino dell’opinione pubblica per la sua produzione eccessivamente impattante sul pianeta circostante.

La richiesta massiccia del pubblico di massa ha favorito lo sviluppo di un fenomeno come la fast fashion, una moda che produce capi d’abbigliamento in gran quantità, ma di scarsa qualità, che richiedono l’utilizzo di molte materie prime.

Pandemia, guerre e impennata dei prezzi energetici e dei costi delle materie prime hanno costretto piccoli e grandi brand di abbigliamento, e non solo, a rivedere le loro modalità di produzione.

La moda così è diventata sostenibile, sia per ridurre l’inquinamento e la creazione di montagne di rifiuti, sia per venire incontro alle richieste dei consumatori sempre più attenti alla tematica ambientale.

Un brand per essere definito green e sostenibile deve però assolvere ad una serie di requisiti, scopriamo quali sono.

Quando un brand si definisce sostenibile? La produzione eco-friendly

I piccoli e grandi marchi di moda hanno compreso quanto sia importante adottare una produzione più sostenibile per una serie di motivi.

Innanzitutto va considerato l’aspetto economico. La produzione di massa di un gran numero di capi d’abbigliamento e accessori richiede in continuazione materie da lavorare, senza dimenticare il notevole dispendio di energia che negli ultimi tempi ha raggiunto prezzi stellari.

La riduzione dei rifiuti, la produzione di capi che durano a lungo e l’utilizzo di materiali riciclati sono i primi step da compiere per poter essere definiti veramente green ed ecosostenibili.

Molte aziende stanno facendo ricorso alle energie rinnovabili che, oltre a ridurre in modo significativo i costi energetici e gravare meno sul budget aziendale, hanno un impatto molto ridotto sull’ambiente circostante.

Uso di materiali riciclabili

Le aziende, per essere considerate realmente green, devono usare materiali a basso impatto ambientale e quindi riciclabili. In tale contesto si inserisce la slow fashion, in netta contrapposizione con la fast fashion, che prevede l’uso di materiali riciclabili che consente la produzione di capi destinati a durare a lungo nel tempo e che possono essere riutilizzati per essere reimmessi sul mercato e tornare a nuova vita.

Si sono così sviluppate piattaforme dove poter rivendere vestiti usati ma di buona qualità e sono nate diverse pratiche virtuose, come l’up-cycling, cioè un riciclo creativo di abiti e accessori che altrimenti finirebbero nella spazzatura concludendo anzitempo il loro ciclo di vita.

La svolta green ha imposto anche ai grandi marchi di moda una rivisitazione della loro produzione. Proprio per questo motivo si è molto sviluppata la ricerca scientifica, per trovare soluzioni ecologiche per creare materiali naturali ma capaci di durare a lungo nel tempo.

Si stanno utilizzando ad esempio materiali come il poliestere o il nylon riciclati, che si ottengono dalle bottiglie di plastica. Oppure si usano prodotti naturali al 100%, come il cotone organico, il lino o altre fibre naturali che hanno un basso impatto ambientale.

Etica del lavoro

Un altro fattore da prendere in considerazione è l’etica del lavoro e, più nello specifico, le condizioni dei lavoratori. Un marchio per essere definito sostenibile deve garantire ai suoi dipendenti condizioni di lavoro eque e salari adeguati.

In molti casi invece soprattutto i grandi brand sono stati accusati di far lavorare i loro dipendenti in condizioni disumane, facendoli vivere stipati in case vecchie e insicure, ad orari disumani e a paghe ridicole.

Una delle piaghe del settore della moda è lo sfruttamento minorile nei paesi poveri, accusa che è piovuta sul capo soprattutto dei brand di moda economici.

Questa è una delle accuse più odiose che si possa rivolgere ad un brand, quindi bisogna eliminare qualsiasi ombra e garantire un trattamento equo a tutti i lavoratori.

Cruelty free

Un altro aspetto da considerare è la cruelty free, cioè il rispetto per gli animali. Diversi brand di moda hanno rinunciato a realizzare capi con materiali e tessuti di origine animale, come ad esempio la vera pelle.

Tutto questo è stato possibile grazie alla ricerca scientifica, che ha consentito di realizzare capi d’abbigliamento sintetici in grado di fornire le stesse prestazioni di materiali come la pelle, senza alcun gesto di crudeltà verso gli animali.

Maggior vantaggio competitivo nel proprio mercato di riferimento

Infine bisogna fare una considerazione su un aspetto che, più che un requisito da assolvere, rappresenta un vantaggio per i brand di moda.

Dimostrare di essere realmente ecosostenibili consente alle aziende di ottenere e guadagnare punti agli occhi dei consumatori, sempre più attenti alle tematiche ambientali.

I clienti prima di acquistare controllano la qualità dei materiali, ma si assicurano che siano capi eco-friendly certificati.

Questo dà un grande vantaggio competitivo ai brand, che possono differenziarsi per la loro anima green e anche per un’offerta più variegata.

Non tutti i brand offrono capi realizzati con materiali naturali o prodotti riciclati e rivisitati, quindi unici e originali. Un motivo in più per i consumatori per acquistare, che possono sfoggiare abiti esclusivi che permettono di creare uno stile personalizzato e originale.

Foto: Pixabay

Francesco Ferrara
Francesco Ferrara
Copywriter e giornalista pubblicista, mi occupo della stesura di articoli relativi al marketing ed alla gestione dei negozi e siti online per negozianti, argomenti sui quali ho maturato una lunga esperienza sul campo con corsi, ricerche e studi specifici.

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